Da secoli, i gatti sono i fidati compagni di vita degli uomini. Fieri, indipendenti, nobili: questi animali sono sempre stati al fianco dell’umanità.
Nell’antico Egitto erano considerati sacri ed erano un simbolo di grazia e benevolenza nei confronti dell’uomo. «Tu sei il Grande Gatto, il vendicatore degli dei e il giudice delle parole, quelle che presiede i capi sovrani e governa il grande Cerchio; tu sei davvero il Grande Gatto.» Questa iscrizione rinvenuta nella Valle dei Re ci lascia intuire quanto effettivamente i gatti fossero parte integrante della società egizia: non a caso, tra le loro divinità pizza anche la dea-gatta Bast (o Bastet) a cui venivano poi offerti gli stessi gatti mummificati non appena questi arrivavano alla fine della loro vita. Bast, inizialmente, era una divinità guerriera dalla testa di leonessa ma, nel tempo, divenne una figura protettiva e rassicurante, patrona della fertilità, della maternità e della vita domestica ed i suoi lineamenti divennero quelli di una gatta.
Non tutti, però, sanno che non erano solo gli egizi a vedere i gatti come animali divini. Nell’Europa del Nord, infatti, anche i vichinghi avevano particolarmente a cuore la sorte di questi felini. Secondo una ricerca di archeologia biomolecolare effettuata ad Oxford nel 2016, ricerca in cui si è cercato di ripercorrere la storia dei gatti esaminando il DNA mitocondriale di alcuni scheletri rinvenuti in differenti location e provenienti da differenti epoche, si è scoperto che questi animali sono riusciti a diffondersi in tutto il mondo a partire dall’antico Egitto.
Inizialmente, questi felini erano particolarmente apprezzati sulle navi e nelle zone di porti o magazzini perché si cibavano di topi e, oltre a scongiurare la diffusione di malattie portate dai topi, riuscivano anche ad eliminare i troppi roditori che brulicavano nelle città.
Durante lo studio sopra citato, di fondamentale importanza è stato lo scheletro di un gatto ritrovato in una tomba di origine vichinga ben conservata e risalente intorno al 10° secolo circa. Dopo alcune ricerche, si è scoperto che anche tra i vichinghi i gatti godevano di un certo prestigio. I cuccioli di gatto venivano infatti regalati alle spose come parte integrante del corredo nuziale. Questi animali erano associati alla bella Freya (sorella di Frey e figlia del dio del mare Njörd), dea nordica della stirpe dei Vani inizialmente ostaggio degli Asi ma che poi divenne una di loro. Freya era considerata la dea dell’amore sessuale, della guerra, della morte, della fertilità, della ricchezza e della seduzione. Nella mitologia si racconta che viaggiasse su un carro trainato, appunto, da due splendidi gatti che, dopo sette anni, venivano trasformati in streghe. Per Freya, il gatto era la rappresentazione della femminilità ma anche della sessualità.
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